lunedì 21 giugno 2010

Tre messaggi dall'E3

L'E3, come forse saprete, è la più importante convention di videogiochi del mondo, dove i grandi player si danno appuntamento con gli esperti dell' industry e con la stampa specializzata per fare bella mostra dei loro prossimi rilasci, per creare attesa nei confronti dei titoli in pipeline o per dare un assaggio delle nuove tecnologie che stanno sviluppando.
Lungi da me recensire un evento al quale non ho partecipato.
Raccolgo tuttavia delle impressioni di prima mano e ve le giro, nel caso vi interessi approfonidre.
In breve:

giovedì 17 giugno 2010

Ancora sui mondi immersivi

Ancora un'appendice sul post precedente.
Nella fattispecie su come evocare emozioni legate a sensi che non possono essere direttamente sollecitati.
Mi spiego: se una pagina ben scritta può evocare immagini, suoni, sensazioni e odori, allora forse descrizioni accorte possono funzionare meglio in una partita di gdr. O una certa attenzione ai particolari in un disegno o nella grafica di un videogioco può coinvolgere inaspettatamente i giocatori, evocando sensi non immediatamente coinvolti, come il tatto o l'olfatto.

Per esempio:
Percorrete il corridoio fino a una porta di legno. La porta si apre facilmente. Oltre la soglia c'è una stanza di quattro metri per quattro, con un'uscita decentrata sulla parete opposta. A parte qualche detrito sul pavimento la stanza è vuota.

Funzionale, ma non molto evocativo. Riproviamo.

Percorrete un basso corridoio arcuato, illuminando i vostri passi incerti con la luce tremolante delle torce, fino a una vecchia porta di legno tarlato. Le assi malandate cedono facilmente. Oltre la soglia illuminate a stento una stanza quadrata. Sulla parete opposta si intravede appena un passaggio arcuato, che conduce nell'oscurità. A parte qualche detrito sul pavimento di pietra umida, la stanza è vuota.

Meglio vero? Abbiamo aggiunto qualche particolare visivo per stimolare l'immaginazione. Siamo sulla buona strada, insistiamo.

Immersi in un silenzio innaturale, percorrete un basso corridoio arcuato, illuminando i vostri passi incerti con la luce tremolante delle torce, fino a una vecchia porta di legno tarlato. Le assi malandate cigolano sui cardini arrugginiti. Oltre la soglia, illuminate appena una stanza quadrata e subito venite assaliti da un odore stantio, di legno marcio e umidità. Sulla parete opposta si intravede appena un passaggio arcuato, che conduce nella fredda oscurità. A parte qualche detrito sul pavimento di pietra bagnata, la stanza è vuota.
E' bastato introdurre qualche particolare che si riferisce all'odore che permea l'ambiente e al freddo e già sembra (un po' di più) di essere lì.

Ora, non è che ogni passaggio debba per forza concedersi a una descrizione barocca e ipertrofica dell'ambiente. A volte basta qualche accenno. Ma il concetto resta: non trascuriamo nessun "senso" in una descrizione, anche se non possiamo sollecitarlo direttamente.

Nel design dell'esperienza di un videogioco la cosa si fa più complessa. L'uso che viene fatto della grafica e dei suoni può essere molto spinta e realistica. E le immagini, giocando su effetti come la nebbia, o la pioggia o la temperatura cromatica di un ambiente, possono essere molto evocative (anche se ogni tanto in una taverna vorrei vedere un bell'arrosto fumante, o una boccale di birra coperto da goccioline, invece delle solite icone a forma di prosciutto...).
Dove i videogiochi misurano la propria efficacia immersiva nell'anno di grazia 2010 è più che altro nel raggiungere il corretto e molto delicato compromesso tra interattività ed economicità. Ma questo è un altro discorso...


Brr, che freddo. E che odore di erba umida, vero?
Mi spiace solo non aver recuperato i credits di questa immagine che avevo in archivio...

martedì 15 giugno 2010

Estetica della creazione di mondi

Nella narrazione "di genere" la creazione del mondo è importantissima. Dichiarazione un po' banale fin qui, me ne rendo conto. Fidatevi di me e tirate dritto.

C'è molta letteratura sulla creazione dei mondi: in lingua ingelse e in italiano. Di certo vi ci siete imbattuti - io, per conto mio, ne ho digerita parecchio.

Spesso la trattazione è corredata di "questionari", che aiuterebbero l'autore a non tralasciare nulla di ciò che è importante per creare un mondo palpitante e credibile.

Veniamo così guidati a riflettere sulla geografia, sulle vie di comunicazione, su quali siano i rapporti tra le popolazioni e le etnie diverse e persino su quali siano i valori affermati dalle legislazioni o la filosofia di fondo che anima i sistemi scolastici.

Ammetto di essere stato tentato più volte da un approccio del genere, molto sistematico e razionale. Professionale persino.

La creazione di un mondo, perdonatemi la retorica, però è, almeno all'inizio e almeno per me, un impulso estetico.

Mi spiego: a spingermi, ad ispirarmi nella creazione di un'ambientazione è una sorta di scintilla sensoriale. Un misto di immagini, odori, suoni. Qualcosa in cui, almeno nei meandri della mia fantasia, sono immerso o voglio immergermi. Insomma - e scusatemi ancora per l'ultima volta il linguaggio vagamente poetico - prima sono una creatura di quel mondo; solo dopo mi sollevo, lo guardo dall'alto e comincio ad esplorarlo nei suoi confini più vasti e nelle sue dinamiche, che so, sociali o politiche.

Bene quindi tutti i promemoria o gli schemi o la lista delle cose di cui tenere conto quando si crea un mondo. Ma nessuno di questi strumenti sostituirà mai quella scintilla. Quel desiderio di esserci dentro prima ancora che di esserne autore. Quella sorta di rielaborazione originale di esperienze, viaggi, letture, sogni, che il nostro cervello ha cucinato per noi e che, senza che ce ne rendiamo conto, ci accende la voglia di creare e ci suggerisce anche da dove partire.

Dal pensiero all'azione

Siccome qui su LGQ siamo gente pratica, mi sono chiesto quanto sia possibile trasferire questa sensazione di "esserci dentro" agli altri: giocatori di gdr o videogiochi. Come fare in modo che i nostri interlocutori non si sentano alla finestra, quando esplorano il mondo che abbiamo preparato per loro. Che questo non sia uno sfondo delle loro azioni, ma li avvolga completamente.

Ecco alcune riflessioni che ho fatto - ma mi piacerebbe anche sapere cosa ne pensate voi, pochi ma buoni (we, happy few, mi verrebbe da dire), che seguite le evoluzioni de La Grande Quest.

Suggerire e lasciare in sospeso
Se siamo nell'ambito di un gdr, e il mondo che abbiamo creato è in buona parte frutto della rielaborazione delle nostre esperienze e del nostro senso estetico, allora è bene che non ci si faccia troppo prendere la mano dai particolari, almeno all'inizio. Salvate l'ispirazione di fondo, ma lsciate aperte alcune porte all'immaginazione dei vostri giocatori. Poi ascoltateli, osservate come si muovono e accettate, incorporate persino, la loro visione. Voi sarete i giudici finali di ciò che è "canonico", ma non escludete ciò che le esperienze degli altri stanno aggiungendo al mondo.
Lasciate che suggeriscano i piatti disponibili in una locanda, che disegnino la foggia delle armature dei dragonieri, che raccontino a tutti come quel bosco, che voi avete solo suggerito, ricordi loro un bosco che hanno veramente attraversato. Se ci metteranno un po' di se stessi in quel mondo, sarà anche il loro mondo, e avrete raggiunto uno scopo nobile.

Causa ed effetto

Se volete che il mondo sia reale, cioè che non resti solo uno sfondo dipinto, lasciate che i giocatori interagiscano con esso. Che vuol dire che devono avere la possibilità di cambiarlo. Ciò significa saper improvvisare, se stiamo parlando di una sessione di gioco di ruolo, o creare un gameplay (e, in definitiva, del codice) che accetta in modo molto flessibile l'input dei giocatori, se stiamo parlando di videogiochi. Quale che siano i limiti narrativi, il mondo deve produrre un effetto in qualche modo credibile in risposta a un'azione dei giocatori. Lo so, è più facile dove c'è una mente umana che gestisce l'esperienza, ma si possono sperimentare cose molto interessanti anche in ambito videoludico (magari uscendo dai soliti cliché)

Cogliere lo spirito del tempo
Questa è la parte più difficile, ed è anche lo scoglio contro il quale si infrangono le ambizioni di molti autori che vorrebbero passare dalla passione al professionismo. La capacità di catturare gli umori del proprio tempo, le sue ambizioni estetiche, magari anticipando le sue parole chiave, è qualcosa di non comune e che di solito si attribuisce, credo con qualche ragione, a una sensibilità artistica. E però è indispensabile se la creazione del mondo avviene nell'ambito di un media non interattivo (letteratura e cinema soprattutto). Il mondo viene ideato, definito, scritto e rielaborato, magari anche con l'aiuto di collaboratori. Ma una volta dato in pasto al pubblico quello è. O ha colto qualcosa, ha colpito nel segno, ha evocato pensieri e immagini nell'anima del pubblico, o non lo ha fatto. Questo vale anche per la letteratura fantasy e fantascientifica. Mica per niente il fantasy degli anni 30' è diverso dal Signore degli Anelli e Star Wars è un prodotto degli anni '70 (per questo scorcio di inizio millennio vedo invece perfetto Battlestar Galactica...). Mica per niente di solito gli scrittori leggono molto, gli sceneggiatori vedono molti film e chi disegna è avido di reference di altri artisti. Chi crea è immerso nel mondo dei propri pari e del proprio pubblico.

martedì 8 giugno 2010

La creazione dei personaggi per Scott McCloud contro il blocco creativo

Sto leggendo l'ottimo Fare il Fumetto, di Scott McCloud. La forma è quella consueta del "saggio a fumetti sul fumetto" (i precedenti sono Capire i Fumetti e Reinvetare i Fumetti).
La lettura è intellettualmente stimolante e allo stesso tempo avvincente come una vera storia e come poca saggistica sa essere. Oltre a fornire tutto l'armamentario basilare per chi voglia raccontare storie a fumetti, provvede ottimi spunti anche per chi fosse interessato ad altre forme di storytelling, dal romanzo, alla regia, dall'illustrazione al game design.

Il capitolo sulla creazione dei personaggi accenna alcuni principi che mi pare pertinente condividere qui e che possono fornire quell'abbrivio che di solito manca quando ci si imbatte nel tipico blocco creativo.
Per McCloud una via per rafforzare la varietà del proprio cast di personaggi è "basare ogni membro [...] su una diversa idea unificante".
Per esempio: modellare quattro personaggi principali sui quattro tipi di pensiero umano proposto da Jung (intuito, sentimento, ragione e sensazione), oppure seguire l'approccio di Stan Lee quando ha inventato i fantastici quattro (aria, acqua, terra e fuoco).
McCloud riporta anche suggerimenti di altri autori, come quello di usare gli animali come base per il cast umano (lupi, trichechi e gufi possono suggerire ottimi personaggi per Will Eisner) o temi più evanescenti come sogno, destino e delirio (Neil Gaiman, Sandman).
Non vi basta? Il vecchio Scott condivide un po' di temi come
  • le quattro stagioni
  • i pezzi degli scacchi
  • i cinque sensi
  • le carte dei tarocchi
  • le canzoni
  • i segi zodiacali
  • le figure mitologiche
  • alberi/piante
[...]

Impossibile che l'immaginazione non si risvegli e, con l'immaginazione, la voglia di raccontare!

martedì 1 giugno 2010

The Mongoliad: molto più di un e-book


Grazie alla preziosa segnalazione dell'ottimo Gorman, condivido con voi un interessante articolo su un primo esperimento di e-book a narrazione collettiva.
Attenzione, perché non si tratta di un puro concept, ma di un prodotto vero e proprio (per i-pad e i-phone, per la precisione), che consente a tutti i lettori di contribuire alla narrazione, aggiungendo particolari, suggerendo elementi didascalici di contorno o aprendo nuove storyline. Si può anche solo leggere come un normale e-book, se si vuole.
Come funziona? Chi ne è l'artefice? Non vi resta che approfondire, leggendo l'articolo.